Tempo fa chiesi ad una cara amica di raccontarmi la sua esperienza di mamma-canguro, di parlarmi del babywearing dal suo punto di vista, quello di una donna fin da piccola talmente innamorata dell'Africa da aver poi sposato un uomo che in quelle terre lontane e antichissime è nato e cresciuto.
Le parole che leggerete in questo guest post sono quelle di Desy, moglie di Abdoul e mamma della splendida Sophia Rama, portata da piccolissima in fascia, sulla schiena, alla maniera africana. Ma vi lascio alle parole della cara amica Desanka, e al suo bellissimo racconto ...
"L’amore per l’Africa Nera credo sia nato con me.
Di sicuro, fa parte di me sin da che ho memoria delle mie elucubrazioni di bambina su dove fossero esattamente quelle terre, ai miei occhi così meravigliose, che vedevo nei documentari televisivi e che mi catturavano con tutto il loro fascino dalle pagine del mio primo “Libro degli Animali”, non una lettura per bambini, ma un tomo grandissimo e pesantissimo, da “grandi”, che avevo chiesto di ricevere per il mio quarto compleanno. Fu grazie a quelle pagine, così piene di animali bellissimi e delle specie più diverse, di uomini e donne dalla pelle di ebano, i cui occhi mi hanno sempre trasmesso quiete e serenità, e nei quali si riscontrano la profondità e la saggezza proprie di antiche culture al di là del tempo.
Questo mio interesse mi ha portato a conoscere, fin dai tempi dell’università, diversi Africani, dei Paesi più diversi, e mi ha portato a incrociare il cammino di mio marito Abdoul, Fulano (Peul, in francese) nato in Guinea e cresciuto in Senegal.
Grazie al contatto con la cultura africana, alla “saggezza pragmatica” delle grandi donne africane, ho conosciuto la pratica del portare il proprio figlio sulla schiena. Pratica che mi ha affascinato immediatamente, d’istinto; quel contatto fisico continuo tra madre e bambino, tenerlo addosso, muoversi insieme ha qualcosa di primordiale, quasi viscerale, che, per quel che mi riguarda, ha contribuito al mio benessere di mamma e donna – dandomi la possibilità di avere sempre con me Sophia e nel contempo sbrigare le mille incombenze dentro e fuori casa – e al benessere della mia bambina, che era sempre con me, mi seguiva dappertutto e finiva quasi sempre con l’addormentarsi attaccata a me…
Usavo un semplicissimo pareo, uno di quei teli più o meno grandi che spesso ci si annoda sui fianchi per andare in spiaggia, e che costituisce per la maggior parte delle donne africane l’indumento per la parte inferiore del corpo, diventando una gonna lunga dai colori sgargianti. Il mio "Pareo per portare” l’ho ricevuto in regalo da una cugina di mio marito, la dolcissima e amorevole Fatoumata, ed è di colore celeste e ricamato a mano con estrema cura: lo conservo gelosissimamente nell’armadio con la speranza di tornare a usarlo presto…
Mettere il bambino sulla schiena “alla maniera africana” è molto più facile da fare e che da spiegare… Si tiene a portata di mano il pareo in modo che il lato più lungo sia in orizzontale; si prende il bambino per le braccia (nella parte tra spalla e gomito), lo si fa passare sopra la testa e scivolare lungo la schiena; nel contempo, si inclina lentamente il busto in avanti e si sorregge il bambino mettendogli una mano sotto il sederino; lo si sistema “a mo’ di koala” (con braccia e gambe ai lati del busto della mamma); si sistema il lato inferiore del pareo sotto il sederino del bambino e lo si annoda sul davanti all’altezza dell’ombelico; si trattengono i lembi superiori del pareo e ci si alza lentamente; si sistema la parte superiore del pareo al di sotto della nuca del bambino (magari guardandosi allo specchio) e, infine, si annodano i lembi al di sopra del seno.
Le donne africane, essendo abituate a questa pratica fin da bambine (9-10 anni) poiché spesso portano i fratelli minori, mettono il bambino sulla schiena con una facilità e una velocità impressionanti! Io, personalmente, le prime volte, mettevo Sophia sulla schiena rimanendo vicino al letto o al divano per essere più tranquilla nel malaugurato caso mi fosse caduta (ma non è mai successo) e non la facevo passare al di sopra della testa ma dal fianco (al di sotto del braccio sinistro), mi riusciva più facile. La prima volta ci ho messo una decina di minuti, per il timore che mi scivolasse e perché ero alquanto impacciata, ma col tempo e con l’esercizio in un minuto la mettevo sulla schiena e via!
Portare mia figlia Sophia è stata per me un’esperienza unica, alla quale non potrei mai rinunciare ora che l’ho vissuta! Portare il proprio bambino significa farsene carico, letteralmente, tenerlo addosso, sostenerlo e poi muoversi insieme a lui, con lui addosso - due corpi così vicini e uniti da diventare uno - come rende bene l'espressione inglese, "babywearing" (indossare il bambino). E’ portando i nostri bambini sulla schiena che li portiamo nel mondo, avvolgendoli col calore del nostro corpo, trasmettendo loro il ritmo del nostro respiro, facendo loro sentire il nostro Amore.
Sì, li portiamo e li accompagniamo nel mondo, sapendo che un giorno si allontaneranno e prenderanno la loro strada, ma noi continueremo a portarli sempre “attaccati” al nostro cuore…"
"Il mio vero nome è Desanka. Sono nata a Porto Tolle, in Polesine, 35 anni fa. Mi sono trasferita a Padova per motivi di studio, dove sono rimasta anche dopo la laurea in Lingue e Letterature Straniere. Sono istruttrice di Fitness musicale (diplomata presso la Federazione Italiana Fitness) e ho insegnato varie discipline (aerobica, step, G.A.G., power stretching, hip hop) dal 1999 al 2007. Attualmente lavoro come commerciale estero in un’azienda della provincia di Padova. Sono sposata con Abdoul dal 2007 e, nel 2008, sono diventata mamma di Sophia Rama."
Sophia Rama sulla schiena di mamma Desy! |
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