martedì 31 marzo 2020

"Vizio" delle braccia... O bisogno? Riscrivere il lessico

Certe espressioni, sebbene possano essere tecnicamente improprie e scorrette, sono talmente radicate nel linguaggio comune che il loro utilizzo prorompe spontaneo nelle conversazioni, anche tra "addetti ai lavori". 

Ci pensavo proprio ieri pomeriggio, quando nel leggere un messaggio ricevuto da una neomamma stavo per risponderle citando il famigerato "vizio delle braccia"! Che cosa assurda!, mi sono bloccata improvvisamente, proprio io che non faccio altro che parlare di bisogni e competenze innate del bambino, proprio io che scrivo di contatto e contenimento dei neonati come loro diritto imprescindibile...
Ebbene proprio io cado in questa trappola linguistica e, involontariamente certo, contribuisco a far si che la cultura del "vizio" si perpetui beffarda sotto al mio naso?

E quindi, folgorata da questo pensiero, mi sono detta: devi fare qualcosa! Forse potra' sembrare eccessivo, ma sapete, negli ultimi anni sono giunta a una considerazione. Le azioni, le pratiche sono cose da sempre molto importanti per me (saranno l'ascendente e la Luna in Toro!), e per tanto, tanto tempo ero convinta che nella vita bastasse semplicemente "fare", cercando di migliorarsi, imparando dagli sbagli anche. Le parole? Non erano fondamentali dopotutto: al massimo, rafforzavano l'efficacia delle azioni, le accompagnavano, o le introducevano preparando un buon terreno. Così la vedevo. Ma il tempo ha fatto si che mettessi in discussione diversi assunti della mia esistenza, tra questi anche la superiorità dei fatti rispetto alle parole nell'annosa diatriba tra concreto e astratto! 

Le parole sono tutt'altro che irrilevanti, le parole sono pregne di significato: esse evocano, dipingono, raccontano, mettono in scena universi e realtà dalle più prosaiche alle più nobili. Le parole descrivono i popoli, le culture, di esse non possiamo fare a meno nel raccontare la nostra storia di donne e uomini. Le parole sono oceani gonfi di vita, venti impetuosi e brezze leggere, sono terra inebriata e fuoco palpitante. Le parole siamo noi stessi che ci rispecchiamo davanti alla vita e, chissà, al mistero della morte: esse, dopo tutto, parlano di noi, e per noi.

Allora ho detto a me stessa che da quel momento in poi non avrei più parlato di "vizio" delle braccia, bensì di bisogno. Un impegno serio e sentito, che intendo a tutti i costi mantenere. Credo nei circoli virtuosi, nel reciproco influsso benefico tra persone; credo che l'uomo sia capace anche di grandi cose, che egli sia in grado di elevarsi in nome dell'amore, dell'antica promessa ossitocinica tra la madre e il figlio. Credo che anche attraverso parole cariche d'amore si porti avanti un cambiamento culturale in direzione di una nascita e di un accudimento rispettosi dei bisogni delle madri e dei bambini

Per troppo tempo, dalle capanne agli ospedali, la società ha fatto tutto quanto era in suo potere per separare madre e figlio subito dopo la nascita, andando a interferire nell'antichissimo rituale chimico dell'innamoramento. La separazione madre-figlio è tutt'altro che fenomeno moderno come argomenta Michel Odent nei suoi scritti (vi rimando in particolare a "La nascita e l'evoluzione dell'Homo Sapiens"), avendo le sue radici storiche nel Neolitico, con l'invenzione dell'agricoltura. Da quel momento le strategie di sopravvivenza dell'umanità si sono fondate sul predominio della natura, e sulla sopraffazione di altri gruppi umani concorrenti per conservare ed espandere i propri confini... Sviluppare l'aggressività e la violenza divennero così, tristemente, presupposto fondamentale per il successo di una comunità, a danno della capacità di amare.

Fu così che si elaborarono rituali e sistemi di credenze volti ad allontanare nelle prime ore dopo la nascita il neonato dalla madre: cerimonie, pratiche apotropaiche tra cui spicca la demonizzazione del colostro, in diverse culture. I bambini, fatalmente separati dalle madri, verranno inevitabilmente "selezionati", saranno più forti e aggressivi, cresceranno realisticamente più arrabbiati perchè in quei fatidici momenti iniziali dove avviene l'imprinting non è avvenuto l'innamoramento, magia dell'ossitocina! 

Ecco perchè, ogni volta che un neonato viene preso in braccio e coccolato dalle mani morbide e sicure di mamma e papà, si sta assistendo ad un atto di bellezza e di amore che va oltre la propria cerchia di affetti... Stiamo assistendo ad una scommessa, direi tuttavia una promessa, di un futuro più ricco di ossitocina per tutta la specie. Rispondendo ai bisogni di nostro figlio, rispondendo anche ai nostri bisogni (ce lo ricordiamo quanto profuma e come è tenero un cucciolo appena nato?) ci stiamo aprendo alla possibilità di una vita diversa. Per tutti. 

Re-lovution insomma :D


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