sabato 18 aprile 2020

Pikler e "alto contatto"


Da quando sono entrata in contatto con il pensiero di Emmi Pikler è stato inevitabile iniziare a fare dei ragionamenti e delle considerazioni dentro di me, rapportando le parole della pediatra e ricercatrice ungherese alla mia esperienza di babywearing, come mamma e professionista.
Centrali nell'intera visione pikleriana sono la libertà e il rispetto riconosciuti alle competenze del bambino, fin dalla più tenera età; come ho avuto modo di iniziare a raccontare in un post di poco tempo fa, fin dalla culla al cucciolo umano sono necessarie poche cose

affinchè possa avvenire uno sviluppo psicomotorio armonico, che personalmente schematizzerei nelle "3 a": ambiente, abbigliamento e sopratutto adulto! Se l'adulto infatti interferisce
il meno possibile con la libera ricerca e sperimentazione di movimenti e posizioni da parte del bambino, evitando di "insegnargli cose" che, al massimo della mobilità raggiunta al proprio personale livello, egli non è capace da solo di compiere, e se si preoccupa unicamente di garantirgli un ambiente e un abbigliamento idonei a fargli vivere questa libertà di movimento, avremo degli ottimi presupposti affinchè si manifesti uno sviluppo equilibrato. 

Il ruolo dell'adulto quindi è pur sempre cruciale, anche se grande centralità torna finalmente all'attore principale del suo proprio sviluppo, il bambino. Le puericultrici di Loczy, così come ogni genitore, non dovrebbero quindi mai "aiutare" il bambino a compiere movimenti di cui egli non è ancora capace
Dal canto loro, i bambini lasciati liberi di muoversi difficilmente richiederanno l'assistenza dell'adulto perchè gratificati dai risultati delle loro stesse attività, e questo appariva con particolare evidenza proprio a Loczy, a differenza di contesti tradizionali dove invece la puericultrice " quasi senza sosta è occupatissima ad aiutare i bambini a muoversi e a rimettere loro in mano i giocattoli. In questo modo i bambini passano una parte più o meno lunga della giornata in attesa". 

I bambini lasciati liberi trascorrono anche un tempo qualitativamente migliore con le figure adulte di cura: "la puericultrice può tranquillamente dedicare più tempo ai singoli bambini , perchè non vive in uno stato di tensione e fretta costante. Perciò, se qualche volta il bambino ha bisogno di aiuto, la puericultrice ha più tempo per intervenire e tranquillizzarlo. Di conseguenza, tra lei e i piccoli si instaura un rapporto migliore; i bambini sono più allegri, attivi e hanno più voglia di muoversi negli spazi a loro dedicati".



Abbiamo quindi un bambino che si muove libero e felice, in uno spazio adeguato per lui, con un abbigliamento rispettoso delle sue necessità; un bambino che passerà i primi mesi della sua vita in posizione supina, finchè non sarà capace autonomamente di iniziare a voltarsi sul fianco, poi sulla pancia, poi a ribaltarsi sulla schiena e così via. 

Un bambino, mi è venuto da pensare mentre leggevo Datemi tempo, che, conseguentemente, verrà preso poco in braccio? Tra le pagine della Pikler si legge "il bambino resta coricato supino giorno e notte finchè non è capace, di sua iniziativa, di mutare posizione. In questo periodo l'adulto porta il bambino in braccio in posizione distesa. (...) Per il ruttino lo solleva quasi verticalmente per uno o due minuti, sostenendogli fermamente la schiena e la testa. Finchè non è capace di voltarsi dalla schiena sulla pancia, il bambino viene messo in questa posizione solo per pochi minuti al giorno, quando è proprio inevitabile (dopo il bagno, per esempio, per asciugargli la schiena o durante un'eventuale visita medica"
Il bambino della Pikler sarà quindi, congruentemente con la visione dell'autrice, un bambino manipolato e anche preso in braccio il meno possibile, sopratutto nei primi mesi di vita; il bisogno di contenimento del neonato sembrerebbe in qualche modo rispettato nel breve periodo postnatale, grazie all'utilizzo di una sorta di "sacco nanna" , "un ampio cuscino fornito in fondo di sacchetto (come i porte-enfant di un tempo) (...) i bambini dormono negli appositi sacchi imbottiti che da noi sono molto più lunghi e più larghi di quelli usati in altri paesi. In questo modo il piccolo può sgambettare liberamente".


Il bisogno di contatto fisico sembrerebbe invece essere soddisfatto durante le attività quotidiane di cura, dall'alimentazione al cambio al bagnetto; attività dove l'adulto avrà l'attenzione di guardare negli occhi il bambino, dicendogli cosa sta per fare, cosa sta accadendo, trattandolo costantemente con estremo rispetto. Il diritto di partecipare attivamente alle scelte che lo riguardano è fondamentale nel bambino, fin da neonato: l'adulto non può dimenticarsene nell'interazione quotidiana con lui. Ogni azione di cui è destinatario il piccolo, anche la più banale, andrebbe per quanto possibile sempre comunicata: dalle mani, dagli sguardi e dal tono della voce dell'adulto emana profondo rispetto per la dignità e la persona tutta del bambino, che non subisce ma partecipa così all'azione.


Per la mia esperienza di madre e per gli studi sull'importanza del contatto e del contenimento, le parole della Pikler mi hanno sul momento un po'turbata e, mio malgrado, intimamente infastidita: ammettiamo anche che sia vero che il bambino, stando a quanto sostiene l'autrice, appaia appagato e sereno, e felice di essere libero e rispettato nella dimensione descritta ma... Dov'è la madre? Dove il genitore? La madre, appena nata, sembra non essere riconosciuta nel suo bisogni di continuità con la vita prenatale, bisogni che spesso la portano, come mammifero, a cercare la prossimità fisica e direi addirittura cutanea con il suo cucciolo. Da pediatra è anche abbastanza comprensibile che la Pikler incentri tutto il suo discorso sul bambino, ma noi, alla luce anche dei tanti lavori sul baby blues e aulla depressione post partum, non possiamo ignorare che il neonato sia ancora legato a filo doppio con sua madre, sopratutto nei primi mesi di vita. Purtroppo nella letteratura non è infrequente questo atteggiamento di oblio nei confronti della figura materna, ancora oggi. 

Il babywearing, va abbastanza da sé, non  è praticamente mai menzionato nelle pagine della Pikler: d'altra parte come potrebbe, visto che in qualche modo contiene i movimenti del bambino? Pikler fa cenno alle tradizionali fasciature dei neonati come impedimenti alla libertà di movimento del bebè, ma di portage vero e proprio non ne parla (tra l'altro va considerato che il portare era una pratica appannaggio di etnie lontane o di strati popolari, non un fenomeno trasversale come si sta delineando ai giorni nostri). 

Vorrei aggiungere, parlando di libertà di movimento nel babywearing, che si tratta di un argomento abbastanza controverso tra gli addetti ai lavori: è essenziale ai fini del praticare un'attività sicura per bambini e genitori sottolineare che i supporti vanno sempre indossati senza avere la necessità di sorreggere i bebè con le mani (se avvertiamo il bisogno di mantenere con una o con entrambe le mani il nostro bimbo portato in fascia o in marsupio, vuol dire che c'è qualcosa da sistemare), al tempo stesso però bisogna considerare anche l'importanza della possibilità di movimento al bambino. 

Mentre pratichiamo il babywearing insomma dobbiamo essere sicuri che stiamo rispettando tutti i criteri di safety, per cui presteremo attenzione alla corretta copertura e aderenza del supporto al nostro corpo (e a quello del bimbo naturalmente!), ma al tempo stesso avremo anche l'accortenza affinchè ci sia possibilità di movimento sopratutto per il bebè; non ci spaventeremo, quindi, se mentre portiamo, avverranno leggeri spostamenti, cambiamenti di posizione di braccine, testolina, un orlo che si sposta un po', una seduta che non va proprio da ginocchio a ginocchio etc... Perchè, come dicono a Slingababy, la vita è movimento!, insomma un bambino che si muove è un bambino perfettamente normale e sano. Resteremo però in ascolto dei segnali che il nostro corpo, e quelli che il bebè, ci mandano: safety first, sempre! (di seguito, le T.I.C.K.S. rule for safe babywearing)




Portare risponde a molti bisogni della diade, spesso si tratta di bisogni di tipo "pratico", scherzando con i genitori che incontro conveniamo che sopratutto dal secondo figlio in poi il babywearing salva le famiglie... Una soluzione per vivere la quotidianità delle nostre vite, dall'accompagnare i figli a scuola al fare qualche faccenda domestica, un modo poco ingombrante e "smart" di spostarsi dentro e fuori casa, sopratutto con i neonati! Per non parlare di altri bisogni come la necessità di contatto in special modo per i piccolini nati pretermine, per le mamme che stanno provando a riallattare dopo una partenza problematica, e tanto, tanto altro...

La lezione della Pikler, che per me a livello globale rimane preziosissima, lo è anche parlando di babywearing, un ambito che apparentemente sembrerebbe essere totalmente estraneo al pensiero della pediatra ungherese. Resta preziosa perchè mi ricorda quanto sia importante rispettare il bambino, con tutti i suoi bisogni, tra cui spicca senz'altro il muoversi liberamente, ma non solo: su tutti mi viene in mente il bisogno di lentezza... Così spesso ignorato! (da mamma, quante volte ho messo frettolosamente i miei figli in fascia, per correre dietro alle mille attività quotidiane...) 
Nelle mille azioni e gesti di tutti i giorni, da genitori ed educatori, dovremmo muoverci tenendo presente questi bisogni, osservando il nostro bambino per capire quali siano: nostro figlio ci "parla", comunica con noi in ogni momento, in una lingua che dovremmo sforzarci di ri-apprendere per interagire con lui in maniera appagante e rispettosa per ambo le parti. Come osserva Pikler: " fin dai primi giorni di vita il neonato ci comunica con precisione, tramite i gesti e l'intero suo comportamento, se è soddisfatto del cibo che riceve, ancor prima di mettersi a piangere o sputare. Ascoltiamo i suoi segnali, teniamone conto e rispondiamo in modo adeguato: così ci accorgeremo che il bambino prende, anche molto presto, l'iniziativa per dirci a suo modo che, per esempio, gli piace la temperatura dell'acqua del bagno o che si trova a suo agio mentre lo vestiamo o lo spogliamo" . 

Parlando di babywearing... Dovremmo ogni volta, prima di preparaci a portare nostro figlio, chiederci (magari anche prendendolo in braccio, "ascoltando" il suo corpo) se lui ne abbia voglia: è disponibile ad essere portato in quel momento? E mentre lo indossiamo, nella fascia o nel marsupio, ripetendo la sequenza di movimenti e di gesti che man mano il nostro bambino impara a riconoscere e a sentire familiare, cercheremo di farlo con gentilezza e rispetto, chiedendogli (a parole, o con il corpo...) il consenso, prestando attenzione ai segnali che ci indicano un disaccordo (magari ha caldo, o vuole poppare, o semplicemente vuole stare disteso sul fasciatoio o sul letto...). 

Non è così ovvio... Restare in ascolto, connessi, con un esserino così piccolo, tra mille cose e pensieri da adulto. Ma state facendo un buon lavoro, cari genitori... Ci state provando. E dalle prove, dagli sbagli, si può imparare tanto. Il nostro "mestiere" di mamme e papà non è affatto facile a volte! Ma i nostri figli, creature con un grande cuore, ci perdonano tutto. Dovremmo imparare da loro.

Buon portare e buone coccole!





Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...